Tracce di macinazione di piante di 30000 anni fa
Un team di scienziati italiani ha trovato le più antiche prove di macinazione di piante suggerendo che le farine di cereali fossero sui menù 20000 anni prima dell’avvento dell’agricoltura.
Pensare che i primi esseri umani fossero solo cacciatori è una
semplificazione eccessiva, sostiene l’autrice dello studio Anna Revedin,
dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria (IIPP). Sebbene la
carne fosse una parte cruciale della prima dieta umana, dice, le piante
erano anch’esse necessarie.
Per la verità, già altre ricerche hanno trovato tracce di potenziali
strumenti di macinazione preistorici, ma in quei casi è possibile che le
pietre fossero state usate solo per ottenere polvere di ocra rossa
tramite frantumazione dell’ematite naturale. La squadra di Revedin ha
invece scoperto dell’amido di sopra strumenti di macinazione in tre
insediamenti preistorici di Italia (a Bilancino in Mugello, in Toscana),
Russia (Kostenki 16-Uglianka) e Repubblica Ceca (Pavlov VI).
L’età dei reperti è stata calcolata datando al radiocarbonio il
carbone trovato negli stessi strati di terreno. I campioni più antichi
sono quelli del sito russo, risalenti all’incirca 32000 anni fa. Ciò li
rende i più antichi in Europa e forse nel mondo: nel 1997 erano state
trovate tracce di semi macinati in Australia risalenti a 31000 anni fa.
Gli amidi analizzati provengono principalmente non da grano od orzo, ma dalla Typha, una pianta palustre, e dal Botrichyum,
una selce. Dopo la macinazione veniva aggiunta verosimilmente acqua e
si preparavano zuppe o “gallette”, afferma la coautrice dello studio
Laura Longo, dell’Università di Siena.
Le implicazioni di questa scoperta sono sotto molti aspetti rivoluzionarie: per la prima volta l’uomo aveva a disposizione un prodotto elaborato, facilmente conservabile e trasportabile, ad alto contenuto energetico perché ricco di carboidrati complessi, che permetteva di avere maggiore autonomia soprattutto in momenti critici dal punto di vista climatico e ambientale.
Inoltre l’abilità tecnica necessaria per la produzione di farina e
quindi per preparare un cibo, tipo gallette o una farinata, non risulta
più legata allo sfruttamento intensivo dei cereali, iniziato in Medio
Oriente con la conseguente nascita dell’agricoltura nel Neolitico, ma
era una conoscenza e una pratica già acquisita in Europa da lungo tempo.
È un’importante scoperta e in generale lo studio è valido, sostiene
l’antropologa Lisa Kealh0ofer, che è però più cauta sull’uso della
parola “farina”, visto che l’amido di cereali non è esattamente ciò che
noi oggi consideriamo normalmente associato alla produzione di pane.
Dice anche che senza conoscere l’ammontare di amido nei suoli
circostanti è difficile essere sicuri che quei resti provenissero da
attività umane.
La Longo è però abbastanza sicura che ciò non sia successo; i cereali
sono deformati e sono sparsi intorno alle parti degli utensili.
L’antropologo Steven Kuhn, dell’Università dell’Arizona di Tucson, è
invece molto più colpito dall’ubicazione dei manufatti che dalla loro
datazione. Che gli esseri umani raccogliessero e macinassero piante così
a nord è un po’ sorprendente. Aggiunge poi che nonostante l’età dei
manufatti sia curiosa, “è una regola in questo mestiere che qualunque
cosa uno annunci essere la più antica, alla fine qualcun’altro troverà
sempre qualcosa di più antico”.